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Sulla Pittura, Intervista con Alberto Sughi (Parte II)


 
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Biagio Maraldi In anni ormai lontani molto si è discusso in Italia sul rapporto arte e ideologia.

Con quale sentimento rivivi nella memoria quel periodo?

Alberto Sughi Passati gli anni molto si decanta e solo la qualità del lavoro rimane un termine utile di riferimento. Per questo do scarso peso alle dichiarazioni di impegno o disimpegno ideologico, che pure determinavano una parte dell'atteggiamento critico verso il nostro lavoro.

Non so se oggi la critica sia più attendibile; credo, tuttavia, che si possa tranquillamente prevedere che molti dei suoi giudizi domani conteranno di meno cosi come conterà poco tanta pittura a cui oggi concede i suoi favori

Quanto alla solitudine, è una condizione alla quale l'artista, in genere è votato; non può dunque essere vissuta con dispetto, né diventare motivo di frustrazione.

 

BM Si può tracciare un itinerario della tua formazione artistica? In altre occasioni hai fatto qualche nome…

AS I diversi riferimenti hanno subito nel tempo un tale processo di sedimentazione che mi riesce difficile riconoscere quale abbia avuto maggiore incidenza nel mio lavoro.

Il pittore non ha l'obbligo di rimanere fedele né di rispettare in maniera fiscale l'opera degli autori in cui riconosce qualcosa che gli serve per arrivare a se stesso provocando la propria originalità.

 

BM La tua arte ha conosciuto, com'è naturale, e come abbiamo già detto, dei cambiamenti e delle variazioni negli anni. Non ricordo che tu abbia mai fatto pittura astratta o informale. E’ stata una scelta di carattere ideologico o piuttosto una scelta artistica, di poetica, di stile?

AS A guardar bene, e qualcuno l'ha già fatto, si vede che alcune esperienze astratte o informali sono state da me attentamente osservate, tanto da avere lasciato più di una traccia nel mio lavoro. Avendo operato in un clima culturale nel quale si era affermata la centralità di queste tendenze, l' interesse mi sembra del tutto naturale, anche se non posso parlare di vero coinvolgimento.

D’altra parte si deve ricordare che l'astrattismo non voleva apparire solo come una tendenza dell'arte contemporanea; ma anche, e soprattutto, come una rivoluzionaria e affascinante teoria estetica: la pittura affrancata da ogni ipoteca morale, illustrativa o didattica, avrebbe potuto finalmente svelarsi nella sua essenza; senza più l'obbligo di dover rappresentare il mondo, diventata speculare solo a se stessa la pittura poteva finalmente alzare la bandiera dell'arte per l'arte.

Molti si aspettavano una purezza mai prima raggiunta, una bellezza mai prima rivelata. Ma questa teoria sembra far parte delle tante illusioni che la fiducia nel progresso aveva alimentato, nei campi più disparati, all'inizio del nostro secolo.

Il sospetto, quantomeno il sospetto, ha frenato ogni mia possibile adesione.


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