albertosughi.com

 

Alberto Sughi

Guardare e capire in "Mondo Nuovo" (1960)

Cammino per la strada: il volto che mi si avvicina e che fra poco lascerò alle spalle ha un colore, una forma e uno sguardo che si fissa nei miei occhi; persone che non ho mai visto mi sembra di conoscerle come se le portassi dentro di me da sempre. La gente che incontro sembra quasi uno specchio che non mi stanco di fissare. Tuttavia la mia immagine si riflette sfocata e il rapporto di silenzio tra me e gli altri la rende misteriosa. Le occasioni di incontro offrono sensazioni che si ripetono con cadenze scontate.
Ma forse è già qualcosa guardare; forse serve osservare questo muoversi degli uomini in una città. In questa apparente e monotona ripetizione. In città ci sono dei luoghi fissi: i cinema, i sottopassaggi, i marciapiedi, i bar, le zone pedonali; e ci sono fondali altrettanto fissi: i muri, i manifesti, le scritte sul muro "vietato fumare", "uscita", "entrata", "rallentare"; e poi neon, grattacieli, finestre e in alto pezzi di cielo.
Gli uomini sembrano dentro una rete e i loro movimenti svolgersi secondo norme prefissate. Ad un certo punto viene da pensare che solo le nostre private abitudini possano riempire la monotonia del tempo; solo i nostri comportamenti privati sembrano dare un significato alla nostra esistenza.

E' tutto qui il nostro itinerario? Ma no. Forse non è solo questo. Nella vita si saldano le cose più strane e ci sono delle piccole e grandi occasioni che spezzano quel cerchio in cui avevamo racchiuso, credendo di difenderla, la nostra vita. Alle volte basta un libro, un quadro, un giornale, il gesto di una, o mille persone, per essere pronti a scrollarci d'addosso tutti i luoghi comuni che il tempo aveva posato sulle nostre spalle. Allora bisogna girare ancora per la città; guardare meglio, conoscerla con occhi più aperti.
Ho visto sui muri scritte di pace e di guerra; ho visto gente correre con bandiere sotto il sole (e ancora ho il ricordo di altra gente che correva mentre suonavano le sirene sotto un cielo di ferro). Ho visto donne curve sui loro bambini e donne abbandonate a gesti lascivi. Tutto si mescola nella città; il cielo assomiglia qualche volta all'occhio spalancato di una ragazza; le case alle persone e persone che sembrano senza la vita; in qualche galleria ho visto quadri astratti, informali, nucleari, assomigliare a orinatoi, tubi di scarico, sporcizie ammuffite; e ci sono uomini che rassomigliano a quei quadri.
Dai giornali sorridono le stelle di Hollywood accostate alla fotografia di un impiccato; in una pagina cronache di vita mondana con la signora in pelliccia di visone e nella pagina accanto torture per i partigiani algerini.
Nello stesso istante nel mondo accadono cose terribilmente diverse: in una camera un uomo ama una donna; in un'altra una donna viene uccisa. E altre più diverse ancora: 'La conferenza al vertice entro dicembre", "Fedeltà atlantica", "Riarmo, della Germania occidentale", "Krusciov a New York" sono i titoli della stampa.
Bisogna guardare, capire, stare attenti; non piangere né ridere troppo.
Questa matassa aggrovigliata deve avere un bandolo anche se molti punti risulteranno annodati. E in questo groviglio ci sono sempre degli uomini che camminano, che mangiano, che bevono, che leggono, che guardano; delle donne coi bambini, delle donne che mostrano le gambe, che si tingono i capelli.
Il giornale, la radio e i manifesti, il cinema e la televisione, i sensi vietati e i sottopassaggi tengono costretti gli uomini nel labirinto della grande città.
Ma ho l'impressione che dietro ci sia qualcuno che ride, che non rispetta le regole; che mangia, beve e fuma in solitudine con una faccia nutrita di soddisfazione; qualcuno con piccoli occhi bianchi che di notte passeggia nella città deserta padrone di tutto, con le mani in tasca soddisfatto di come vanno le cose. Ho l'impressione che quell'uomo che mi è passato accanto stamattina, che con la mano si accarezzava la bocca umida, non passi sulle strisce pedonali, ma attraversi la strada dove più gli piace; che le notizie che ci allarmano sia lui a darle ai giornali; che la donna preparata ad un commercio d'amore sia in sua attesa. E penso che l'uomo impiccatosi dalla disperazione sia stato lui a farlo licenziare.
E ho paura che esista perché sono anche io a lasciarlo esistere; ho paura che , abbia qualche radice fin dentro di me; che anche lui sia un po' il mio specchio.
Si può dipingere tutto questo? Forse si; si può anche dipingere.

 

Alberto Sughi Guardare e capire in "Mondo Nuovo" (1960)

 


© 1997-2005 questa pagina e' esclusiva proprieta' di albertosughi.com
La copia e distribuzione, anche parziale, richiede autorizzazione scritta di albertosughi.com
Please ask albertosughi.com's permission before reproducing this page.