Carlo Castellaneta: SUGHI E BODINI, IL SEGRETO DI UN'AMICIZIA
Mi ha sempre colpito la natura particolare dell'amicizia che si stabilisce tra due artisti. Anzi, tra due artisti, in questo caso, che praticano arti apparentemente simili: l'uno la pittura, l'altro la scultura, chiedendomi quale fosse il segreto del loro sodalizio, cioè che cosa li legasse e da cosa fosse alimentato questo reciproco sentimento. In realtà, conoscendoli, posso dire che si tratta di un requisito semplicissimo quanto raro: una forte e inalterata carica di stima. È noto quanto sia diffuso tra gli artisti, pittori o poeti, musicisti o architetti, un rapporto di franca rivalità, e spesso di inconfessata invidia per le loro fortune, successi, e talvolta anche ricchezze. Come può accadere che si sviluppi una solidarietà così forte da resistere al logorio degli anni, degli equivoci, delle incomprensioni, com'è accaduto ad Alberto Sughi e a Floriano Bodini ? Qual è insomma la formula magica che consente questa difficile conquista? Gioire dei successi al trui non è solo difficile, ma è quasi contro natura in una società come la nostra, ipocrita e competitiva. Eppure se Alberto e Floriano sono riusciti a tacitare questa perfida voce lo si deve all'aver sostitui to all'invidia l'ammirazione, alla gelosia professionale la sicurezza della propria eccellenza nel lavoro, al punto da poter immaginare di essere, di volta in volta, autori del manufatto firmato dall'amico, condi videndone a fondo le ragioni tecniche e spirituali. Così viene da pensare che quando Floriano (il più giovane dei due, anche se di soli cinque anni) contempla un'opera di Alberto come "La sera del pittore", il suo turbamento è spontaneo, naturale, co me se lo avesse dipinto lui stesso. Perché quel sentimento di malinconia che ogni sera coglie l'artista rimasto solo nel suo atelier, è comune ad entrambi. E forse è insito nel dubbio di non esser riusciti a snidare nell'opera tutta la carica poetica che vi era nascosta. E così quando Alberto osserva ammirato quel capolavoro plastico che è il "Monumento al cavatore" scolpito da Floriano, l'identificazione è totale, anche se la tecnica è diversissima. Probabilmente, il segreto di una simile intesa è la consapevolezza della difficoltà di rappresenta re, in modo plastico o con i colori di una tavolozza, la stessa emozione che sta racchiusa nella materia e chiede di venire alla luce. È un parto di cui ogni artista conosce la fatica e la soddisfazione, divise in eguai misura. Racconta Alberto Sughi: "Per dare un giudizio sul lavoro dell'altro non abbiamo bisogno di molte parole: ci basta un'occhiata, un moto di assenso, e ci comprendiamo". E Floriano Bodini conferma: "è vero, è stato così tra di noi fin dall'inizio. Io avevo un nonno pittore che in un giorno mi insegnò come si fa un acquerello... " Ma c'è anche qualcosa di inesprimibile, qualcosa che i due artisti - il romagnolo e il varesotto - non confessano per pudore. "Questa mostra vuoi significare, al di là dell'amicizia, la volontà comune di lasciare un segno, a riprova di una stima che dura da anni e che non finisce qui". Castore e Polluce, i Dioscuri del mito greco, non avrebbero saputo dire meglio.
Copertina del catalogo della mostra di Bodini e Sughi alla Galleria Montrasioarte, Milano, Novembre 2003
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